TRA ANIMALI ...

Un giorno, dopo l'esito della parabola, il cane di Lazzaro si imbattè nel gatto siamese del ricco Epulone.

"Però, almeno tu - disse il cane al gatto - avresti potuto darmi qualcosa da mangiare...qualche avanzo, anche solo!".

"I nostri cibi sono diversi - rispose il gatto di Epulone - e non potevamo condividerli, sia perchè il mio padrone non avrebbe mai voluto, e io ci avrei rimesso; sia perchè se tu fossi stato allergico a qualcosa del mio cibo, sentendoti male, ti avrei avuto anche sulla coscienza...!".

"Ma di quale coscienza parli?...Ma se non abbiamo neppure la coscienza, noi!" - ribattè il cane di Lazzaro.

"Certo che no, ma mi riferivo alla coscienza che abbiamo dal padrone: io ho la coscienza di Epulone, e tu di Lazzaro; e non solo loro si adeguano a noi, ma anche noi a loro, e agiamo con la loro coscienza, che facciamo nostra. Per questo non avrei mai potuto elargirti qualcosa!" - concluse il gatto con uno stizzo di altezzosità.

"Sarà come dici..ma io stando accanto al mio padrone con lui ho condiviso le sue ferite, leccandogliele, e per questo con lui mi sono sempre sentito libero. Il tuo invece con te ha condiviso solo le tue gioie; e anche se eri tu che lo leccavi, era lui che ti leccava in verità con quelle gioie, per averti suo schiavo. Per questo tu non sei mai stato libero da lui!"...

A questo punto cane e gatto si lasciarono in malo modo, senza più i loro padroni...

Ma se uno andando da una parte restava povero e libero, come da sempre, ma sereno, l'altro ora non solo aveva perso la sua agiatezza, ma era sempre più succube della propria impossibilità ad essere schiavo di quel padrone senza il quale non era in grado nemmeno di procurarsi ora il cibo più necessario: il senso della vita.

Così, mentre il cane di Lazzaro andò in giro ancora mendicando, il gatto di Epulone finì per sprofondare in quell'abisso che il suo padrone gli aveva pian piano destinato.